Parrocchia
"Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria"
Trebisacce (CS)

11 aprile 2019 - “I naufraghi ungheresi del Pentcho”, un libro per non dimenticare

immagine Trebisacce, 11 aprile 2019 - Presentato il libro che racconta la triste storia de “I naufraghi ungheresi del Pentcho”.

Questo il nome di un vecchio e malconcio battello fluviale a ruota, con a bordo 516 profughi ebrei della Mittleuropa che, per sottrarsi all’odio nazista e alla deportazione, sono partiti da Bratislava Capitale della Slovacchia cercando di raggiungere Eretz Israel e,viaggiando tra mille peripezie sul Danubio, dopo aver attraversato ben cinque Stati (Slovacchia, Ungheria, Jugoslavia, Bulgaria e Romania), sono sfociati nel mar Nero e, dopo aver attraversato lo Stretto dei Dardanelli, sono arrivati nell’Egeo.

Del “Pentcho”, del suo incredibile viaggio che avrebbe dovuto avere come capolinea la Palestina, si sa tutto, grazie anche alla gran mole di documenti arrivati fino a noi.

Si sa infatti che, aggrappati allo scoglio che aveva provocato l’affondamento di quella carcassa di battello, i naufraghi ungheresi, prostrati dal freddo e dalla fame, sono stati presi in carico e tratti in salvo dall’italiano Carlo Orlandi, Capo di Prima Classe della Regia Marina Italiana all’epoca dei fatti Comandante della “Camogli”, una piccola nave Dragamine della Regia Marina Italiana di base a Rodi sulla quale i naufraghi hanno trovato soccorso, sollievo morale e un minimo di dignità.

Un episodio di altruismo e di ardimento, quello del Comandante Orlandi, che tuttavia l’Italia ha ignorato per tre quarti di secolo.

In seguito i naufraghi ungheresi, tutti di origine ebrea, fatti sbarcare a Bari e fatti salire a bordo di un treno di deportati, sono passati per i paesi dell’Alto Jonio e per la stazione di Sibari fino ad arrivare, sempre scortati, al Campo di Internamento di Ferramonti di Tarsia.

Si tratta di una storia che, tra peripezie, aiuti, tentativi di fuga e speranze di salvezza, si è trasformata in una vera e propria epopea.

Il libro, scritto a due mani dall’Archeologo Enrico Tromba e da Antonio Sorrenti storico e ricercatore sulla Shoah, per iniziativa del parroco don Vincenzo Calvosa appassionato della storia del popolo ebreo, è stato presentato presso la Parrocchia “Cuore Immacolato della B.V.M” alla presenza di un folto pubblico e di Antonio Sorrenti (nella foto insieme a don Vincenzo) uno dei due autori del libro edito dalla Prometeo il quale, attraverso un racconto particolareggiato e appassionato, ha rivelato un’altra pagina inquietante e finora oscura, della interminabile e incredibile diaspora del popolo ebraico che, alla spasmodica ricerca dell’agognata terra promessa è iniziata agli albori del Cristianesimo e passata attraverso le sanguinose leggi naziste, è tuttora tristemente attuale.

È una di quelle storie, quella dei naufraghi del Pentcho, che emerge dalle nebbie di un passato incredibilmente dimenticato (meglio sarebbe dire, rimosso).

È questa l’inattesa conclusione (per adesso) di una vicenda venuta alla luce solo nello scorso mese di gennaio, in concomitanza con la settimana che, anche l’Italia, riserva al ricordo della Shoah.
Pino Larocca